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La cooperazione allo sviluppo. Dei paesi ricchi

La risposta all’emergenza pandemica ha riportato alla memoria quello che alcuni avevano rimosso: l’esistenza di un enorme divario tra Nord e Sud del mondo e la predominanza del business economico (quello dei vaccini che si è indirizzato a chi poteva pagare, ai paesi ricchi) rispetto alle priorità umanitarie e sanitarie: perché senza la vaccinazione della […]

Anche da questo sito la nostra collaboratrice e amica di Sbilanciamoci, Nicoletta Dentico, ci ha ricordato l’esistenza di un apartheid vaccinale di fronte alla pandemia Covid-19. Mentre i paesi ricchi si vaccinano a ritmi importanti (in Italia ci stiamo avvicinando al 90%) nei paesi poveri la percentuale di persone che hanno avuto accesso a una dose di Pfizer o Moderna è poco più che simbolica: in Africa il 7% della popolazione. L’iniziativa COVAX (con invio gratuito dei paesi ricchi di vaccini ai paesi poveri) si è dimostrata un pannicello caldo di fronte alla drammaticità della situazione che stiamo vivendo. Solo il 10% delle dosi promesse con COVAX sono arrivate a destinazione in Africa e negli altri paesi poveri.

La risposta all’emergenza pandemica ha riportato alla memoria quello che alcuni avevano rimosso: l’esistenza di un enorme divario tra Nord e Sud del mondo e la predominanza del business economico (quello dei vaccini che si è indirizzato a chi poteva pagare, ai paesi ricchi) rispetto alle priorità umanitarie e sanitarie: perché senza la vaccinazione della popolazione dei paesi poveri questa pandemia non avrà comunque fine.

Siamo freschi di una legge di bilancio che destina nel 2022 lo 0,22% del PIL alla cooperazione allo sviluppo. I governi presieduti da Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi avevano assunto l’impegno – condiviso a livello internazionale – di portare allo 0,7% le spese per la cooperazione sul PIL. Non è successo e non c’è stata nemmeno alcuna modesta progressione. Nella scorsa legislatura il Parlamento ha approvato una legge di riforma delle vecchie norme della cooperazione, introducendo un’agenzia ad hoc (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo) e migliorando leggermente il funzionamento della gestione dei fondi. Che sono rimasti sempre quelli.

In più, quella legge ha tolto di mezzo il ruolo del volontariato e ha enfaticamente promosso il ruolo delle imprese, più a loro beneficio che dei paesi poveri. La cooperazione allo sviluppo delle nostre aziende nei nuovi mercati, più che dei paesi poveri. La vicenda dei vaccini è paradigmatica di un modo di fare cooperazione che non è cambiato nel corso degli anni: il business è più forte delle priorità umanitarie e gli interessi delle corporation – in questo caso quelle farmaceutiche e dei brevetti – più rilevanti di quelli di tutti noi. 

Possiamo fare anche un’altra legge sulla cooperazione, ma senza cambiare le dinamiche delle economie e della finanza mondiale, le regole del commercio e dei brevetti, poco possiamo aspettarci di buono nei prossimi anni. La vicenda dell’apartheid sanitario è solo l’altra faccia di un apartheid economico che da troppo tempo colpisce i paesi poveri e che va al più presto sradicato.