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L’Acqua Alta

Poca acqua da bere per una umanità che a metà secolo sarà di 10 miliardi di individui. E l’acqua intorno alle terre emerse che cresce al salire della temperatura. Lo scenario non ha spaventato i potenti a Glasgow. Ma è quello che ci aspetta se non corriamo ai ripari.

All’inizio del 2023 saremo otto miliardi, con la prospettiva di crescere a nove in pochi anni, durante la seconda metà del decennio trenta e a dieci miliardi – cifra tonda – a metà secolo. Una splendida prospettiva, un successo dell’umanità, che si mostra capace di durare e di perpetuarsi. Sarà difficile però nutrire tutti. Di pari difficoltà del problema del cibo, sarà quello dell’acqua. Non si tratterà solo della scarsa acqua dolce da bere ma anche dell’eccesso di acqua salata degli oceani; essi aumenteranno il proprio livello anche di qualche metro e copriranno così le isole più esposte e le basse terre in prossimità delle coste. Lo scherzo che andava di moda anni fa era dire che alla peggio sarebbe stato necessario andare a visitare le bellezze di Venezia con un batiscafo. Il volto, desolato, di Simon Kofe, ministro degli Esteri delle isole Tuvalu ha fatto adesso il giro del mondo, dalla riunione ambientale dell’Onu di Glasgow. Anna Maria Merlo del manifesto, la racconta così: con l’acqua fin sopra le ginocchia, vestito con giacca e cravatta, si è rivolto alla Cop26, “noi stiamo annegando, ma il resto del mondo anche”. Di fronte all’ambiguo conforto ottenuto dal mondo ricco del Nord, nel corso del Cop26 a Glasgow, il destino delle Tuvalu fa subito passare la voglia di scherzare.

1. L’Acqua Alta costringerà milioni di persone a partire. Gli orti, i campi, paesi interi in riva al mare saranno sommersi. Gli scampati dovranno trovare riparo in città, inventando qualche forma di sopravvivenza. Oppure, se sanno soltanto fare i contadini, saranno costretti a cercare altre attività agricole lontano dal mare; oppure, per chiudere il gioco, sparire trovando scampo ancor più lontano da casa, perfino all’estero, in altri paesi, altri continenti. Già adesso la gente scappa, cercando un lavoro, un salario purchessia, un po’ di denaro per nutrire i figli, per mandare un sostegno alla famiglia. Domani tutto il resto sarà perduto per centinaia di milioni di umani: la casa, le abitudini, il luogo per la preghiera, la scuola per le nuove generazioni. Tutto da reinventare. Il sommovimento coinvolgerà alla fine miliardi di persone che non potranno evitare di premere addosso ad altri, cambiando la geografia e la storia del mondo.

2. L’Acqua Alta è una conseguenza rilevantissima del cambiamento climatico in atto, oggetto, all’inizio della discussione, sempre la stessa, replicata troppe volte, del G20 di Roma e poi della Riunione dell’Onu di Glasgow; e naturalmente l’acqua e i problemi connessi non fanno che accelerare e rendere incontrollabili gli altri aspetti del problema ambientale nel suo complesso, rendere irrimediabili le altre trasformazioni in atto e quelle dagli effetti imprevedibili che seguiranno.

3. L’Acqua Alta, l’effetto serra, le trasformazioni climatiche, le migrazioni connesse sono il nostro futuro, in questo secolo. Se ne è molto parlato, a Glasgow. Nel documento finale di Glasgow, invece, si è soprattutto sorvolato.

Nei molti punti della Dichiarazione finale approvata dai circa duecento paesi di Glasgow di acqua non si parla mai. Si nomina l’oceano nella premessa, sottolineando l’importanza di assicurare l’integrità di tutti gli ecosistemi, foreste, “oceano e cryosfera compresi”; e si nomina ancora l’oceano al paragrafo 61 dei 71 complessivi, “invitando la presidenza del comitato consultivo qualificato per pareri scientifici e tecnologici previsto per giugno 2022 a rafforzare l’azione dedicata all’oceano e a preparare un informale rapporto sommario in merito per renderlo disponibile alla Conferenza delle Parti alla sua sessione seguente”.

4. Sono esempi che fanno cadere le braccia. Il patto sul quale è stato trovato l’accordo riguarda tre interessi prevalenti: il denaro, è il primo e il principale, sotto forma dei continui richiami alla finanza, intesa come strumento unico o principale per i cambiamenti necessari; in particolare sotto forma dei cento miliardi di dollari promessi e mai mantenuti per sostenere l’impatto dei cambiamenti ambientali nei paesi “meno sviluppati”. Tale esborso annuo si è rivelato di fatto irraggiungibile, ma come risulta dalla dichiarazione ufficiale, dovrebbe essere comunque  raddoppiato. Il raddoppio appare come una pura vanteria dei paesi sviluppati che vogliono ancora una volta mostrare i propri muscoli e il proprio potere sia ai grandi riluttanti come la Cina, sia ai paesi medio grandi che temono, politicamente, di essere accusati dai concittadini di fare bella figura nel circolo dei ricchi a scapito delle necessità nazionali, senza ricavare alcun vantaggio; sia naturalmente ai rappresentanti dei paesi poveri (per chiamarli così, uscendo una tantum dal politicamene corretto) che vedono una possibilità di ricevere qualche mancia insperata per le tante difficoltà della propria vita. La necessaria trasformazione della Terra dipende quindi dalle scelte e dal buon carattere della finanza, onnipotente, cui fanno da cortigiane la scienza e la tecnica.  

5. Il secondo interesse che percorre il Patto consiste nel ripetere più volte, per esempio dal punto 15 al punto 21, l’invito a moderare l’aumento della temperatura terrestre media a un massimo di 2°C, con un pressante invito a restare al di sotto di 1,5°C. Gli articoli indicati costituiscono il capitolo IV, nel paragrafo dedicato alla Mitigazione . L’invito a moderare, o a mitigare come si preferisce dire, gli aumenti di temperatura terrestre in confronto a quella riscontrata nell’epoca preindustriale è abituale nei testi eco da venti e più anni.

La novità è che il principio è ormai senza discussione. Nessun parere contrario; uno studioso di fronda come Biorn Lomborg, autore dell’ “Ambientalista scettico” (Mondadori), ormai ha poco seguito nel dibattito ufficiale che egli denuncia per le esagerazioni. Il pensiero ufficiale ripete: con 1,5°C tutto bene, l’umanità è salva, mentre ci sono dubbi per misure superiori, sia pure al di sotto dei 2°C, limite insuperabile. Opinione diffusa tra i saggi, anche se si preferisce sottacerla, è che il risultato effettivo, nel corso del secolo, sarà molto superiore, anche senza raggiungere i 3°C o i 5°C discussi nel terribile Sei gradi, un libro di qualche anno fa (Mark Lynas, “Sei gradi”, Fazi editore, 2008) nel quale si mostrava lo stato della Terra in corrispondenza dell’aumento di uno o più gradi centigradi, finché, sfiorati i sei gradi, si raggiungeva la fine di tutto, quantomeno di tutta la sopravvivenza umana (1). 

6. Della storia futura della Terra – in questo secolo, tra un secolo, forse – è inutile, forse proibito, parlare in una sede ufficiale come quella riassunta nel Glasgow Climate Pact; il testo ordinato e riordinato dalle Nazioni unite fino all’ultimo minuto e firmato da duecento di esse, con il drammatico emendamento finale imposto dal rappresentante indiano, spalleggiato da altri paesi carboniferi o comunque sostenitori dei “fossili” contiene tutto in una sola parola. Qui sta il terzo interesse del documento e dello stesso Forum di Glasgow nella sua interezza. 

La spiegazione – una spiegazione – sta in una parola soltanto, around (circa, quasi) contenuta nel versetto (ops!) 17. Vi si prevede o meglio preconizza la riduzione del 45% delle emissioni di anidride carbonica per il 2030, alla fine del miracoloso decennio appena agli inizi, in relazione ai livelli ottenuti nel 2010. Poi è prescritto che si dovrebbe arrivare circa-quasi allo zero emissioni una volta raggiunto, quasi-circa, metà secolo. Around è un termine assai ambiguo. Consente a chi scrive il testo e non vuole fare cattiva figura, di mantenersi nel vago, bilanciando un esagerato ottimismo con un filo di perplessità; e nello stesso tempo accetta di lasciare un margine agli impegni e alle politiche di Cina e India.

I due paesi più popolosi del mondo hanno affermato che per loro il tempo delle emissioni zero arriverà nel 2060 per gli uni e nel 2070 per gli altri. Si precisa così la difficoltà di mettere i vari interessi d’accordo: la sopravvivenza generale da un lato e dall’altro la necessità per Cina e India di non rinunciare troppo presto al carbone indispensabile per far funzionare l’apparato e la sopravvivenza. Si conciliano gli inconciliabili: non potendo caricarsi, tutti insieme, dell’effetto serra; o scaricare del tutto il carbone che fa andare Cina e soprattutto India, è sufficiente spostare, con un’abile mossa diplomatica, un po’ il centro del secolo; cosa saranno mai dieci o vent’anni di fronte all’eternità? Non siamo sempre, o circa o quasi a metà secolo, sessanta anni o settanta che siano? Come quando in diplomazia, per chiudere nei tempi previsti un trattato, si fermano gli orologi. Detto, fatto.

(NOTA 1) 

SCENARI IPOTIZZATI ALL’AUMENTO DELLE TEMPERATURE:

1 °C in più: gran parte delle barriere coralline e dei ghiacciai scomparirebbero.
2 °C: l’arcipelago di Tuvalu, nell’oceano Pacifico, verrebbe completamente sommerso.
3 °C: la maggioranza della foresta amazzonica verrebbe distrutta da incendi e periodi di siccità; in Europa si avrebbero le temperature che attualmente si registrano in Medio Oriente e in Nord Africa.
4 °C: il livello degli oceani si innalzerebbe al punto di distruggere paesi quali il Bangladesh e l’Egitto e sommergere città come Venezia.
5 °C: milioni di persone sarebbero costrette a lasciare le aree in cui vivevano perché oramai inabitabili, scatenando conflitti per il controllo delle ultime risorse presenti sul pianeta.
Ma con 6 °C in più, quasi tutte le forme di vita (compresa quella umana) scomparirebbero.
Per quanto possa sembrare surreale, le tesi di Mark Lynas non sono fantascientifiche né sensazionaliste, ma frutto di uno studio rigoroso e ben documentato sugli esiti catastrofici del nostro attuale modello di sviluppo. Il nostro destino, sottolinea però Lynas, non è ancora deciso. Siamo ancora in tempo per invertire la rotta, o perlomeno tenere sotto controllo gli effetti più devastanti del riscaldamento del globo. Ma bisogna agire subito: ignorare l’avvertimento di Sei gradi potrebbe rivelarsi fatale…

(La nota è tratta da internet)